• 16feb

    img_74081Il fatto che non abbia ancora pubblicato un articolo sul “Tchadar”, non è un caso, benché non sia stato l’ultimo viaggio intrapreso. La verità è che tutte le volte che l’ho iniziato, non sono mai riuscito a finirlo, né a gettare le basi per poi continuarlo. Scrivere quello che è stato il “Sentiero di Ghiaccio” e dire in poche parole quello che ho vissuto e quello che mi ha lasciato, significherebbe sprecare tempo e parole, senza farvi capire niente. Ci sarebbero tante cose da raccontare ed img_75141infiniti momenti da rivivere. Ma non potrei mai riuscire a trasmettervi il muro del freddo e neanche l’importanza di un legno. Non potrei mai durante la notte, farvi capire cosa sia un silenzio assordante rotto dal tuono del ghiaccio del fiume che esplode per il freddo. Non potrei ma descrivervi le forme delle rocce, della neve e dell’acqua e neppure cosa si prova quando quel fragile nastro trasparente scricchiola al peso dell’uomo dopo ogni passo. Dovrei pubblicare il diario di bordo, ma chi avrebbe voglia di leggerlo tutto? L’unica soluzione sarebbe pubblicarlo a puntate… Un giorno magari! Sensazioni difficili da spiegare anche con l’aiuto di gesti ed espressioni, figuriamoci scriverle. Il Tchadar è il fiume Zanskar, che per volontà della Terra per un mese all’anno si trasforma in una strada di ghiaccio, in un cammino che ti allontana da tutto e da tutti, una scia img_79321luminosa  dove si incontra la vita. Vedi cose che con non avresti mai pensato di vedere e vivi giorni che pensavi non esistessero. Sul Tchadar mi sono trovato spesso in un altro luogo, a volte letteralmente perso, come in un mare, lontano, indifeso, proprio in quel mare di montagne che vedevo dall’aereo. Quando ho avuto la possibilità di telefonare non l’ho fatto, avevo paura di farlo da quanto mi sentivo lontano. Lontano dove non ho trovato niente delle solite cose, più in alto dove le nuvole sembrano disegnate dai maestri. Avevo dimenticato da quanti giorni non mi lavavo ma questo mi piaceva perché vedevo che più non ci lavavamo più diventavamo belli,  nuove creature figlie di questo fiume. Ho capito come si vive da queste parti: aspettando, aspettando con pazienza. Se fossi a casa questo stesso fuoco non avrebbe ugual valore e la semplice piadina di sterco che ci scalda la chiameremo img_81762come al solito “merda”. Anche questo silenzio assordante non avrebbe valore, per molti ed in molti casi, sarebbe solo noia. Solo così si respira l’ultimo odore di questo Paese, ora, in inverno senza tanti “cerca souvenir”. In questo viaggio ho imparato che tutto è possibile, che i limiti esistono solo nella nostra mente, che quello che manca lo si va a cercare e quello che non c’è lo si costruisce. Le supposizioni, le paure, le img_77911incertezze dentro di me sono state all’ordine del giorno, ma il vedere il sole che tocca le montagne alla sera e alla mattina, la vista di questa valle da un posto insolito cioè da dentro il fiume, questo viaggio che per noi occidentali potrebbe essere tranquillamente inquadrato in altre epoche storiche, mi ha sempre motivato ed esaltato togliendomi ogni dubbio su quello che stavo facendo. Ogni giorno era un pezzo di musica che mi ispirava e ogni volta che il fiume si illuminava agli scoppi del nuovo tchadar-2007-5731sole, non ci sono parole per raccontare cosa succedeva, bisognerebbe portare i vostri occhi qua. Ma in fondo dov’è il limite? Sembrano chiederselo anche i monaci qui a fianco, seduti a punto interrogativo. Sono partito per il Tchadar non pensandolo mai come  una sfida,  non l’ho mai  usato come scusa per vedere dove potevo arrivare e non ho mai sentito e provato dentro di me alcun senso di competizione. E’ stato solo e semplicemente come dice l’amico Marco un “Lento Pede Ambulabis” ed un continuo risalire img_81371osservando le cose con gli occhi di un bambino, vivendole con il cuore di un adulto. Non dimenticherò mai tutto questo, le montagne, i villaggi, i giganti, i demoni, le leggende e le divinità,  la lotteria dei bagagli, le danze, i portatori che si prendono cura di noi, i “Bambini Uomini” e gli “Uomini Dei”. E’ stato un continuo crescere. Dopo il rientro da questo viaggio, a distanza di qualche mese, ancora mi alzavo la notte e guardavo le foto, aprivo il diario di bordo e annusando le pagine img_78381respiravo l’odore di questo viaggio rimasto in esse e continuavo a scrivere. Si accende questo cielo così vicino per l’ultima volta e ogni luce che si accende a sorpresa potrebbe corrispondere a qualsiasi cosa in qualsiasi momento, qui in questo posto dove si vede tutto anche di notte. Molte, molte, molte cose sono successe da rendere questo viaggio sorprendente, a volte  ipnotizzante. E’ stato come se fossi partito di nuovo per la prima volta, è stato come il mio primo viaggio, formato da emozioni incredibili, emozioni img_87801che ti portano a pensare  che il nostro mondo può anche essere un mondo eccezionale, non sempre e non ovunque, ma può esserlo. Basta non accontentarsi delle false guerre mediatiche che quotidianamente i signori del potere creano e ci sbattono in faccia, basta aprire gli occhi ed alzarsi, togliersi quei ciabattoni comodi dai piedi e partire per un posto che ci ispira, uscendo da quel soffitto che prima o poi ci cadrà addosso e per ancora una volta….viaggiare!

    Zanskar Valley, Regione di Jammu e Kashmir, Ladakh, India.

    Matteo Osanna.

    Video Promo:

    http://www.youtube.com/watch?gl=IT&hl=it&v=hNzqaEKP9Cc

    Foto Tchadar:

    http://picasaweb.google.com/osannamatteo/FotoTchadarIlSentieroDiGhiaccio#

    La nostra avventura:

    http://www.marcovasta.net/viaggi/tChadar/ciadar01.asp

    Articolo pubblicato sulla rivista:

    http://www.viaggiavventurenelmondo.it/nuovosito/rivista/articoli/01-2008-O-16.pdf

One Response

WP_Floristica
  • imara castaldi Says:

    Ho visto il programma di Giromondo e … scopro che un socio del Cai di Rimini parteciperà alla trasmissione con la presentazioni di viaggi super.
    Grande come fotografo e per le esperienze di viaggio.
    imara castaldi, presidente CAI sezione di Rimini

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